Dopo settant'anni di semiclandestinità, da quando si giocava
sui campi lombardi con le gonne nere lunghe, i tempi delle pioniere, Losanna
Stringari, Rosetta Boccali, Marisa Bellei, ecc. insomma cose da storia,
questa è la prima generazione di calciatrici con campionesse come
Betty Vignotto che ora ha 35 anni e oltre 100 gol in maglia azzurra.
Da tre anni le calciatrici fanno parte della Federcalcio, anche se
nella Lega Dilettanti in un settore a sè, con un presidente nuovo,
Maurizio Foroni. "Quello che si rivendica non è tanto essere come
un uomo", continua Carolina, "non mi interessa di arrivare a giocare come
Maradona o guadagnare quanto, che so, Franco Baresi. Non c'è il
problema del confronto tra calcio maschile e calcio femminile.
Il problema è che come vengono date le strutture agli uomini,
è giusto che le abbiamo anche noi per fare quello quello che ci
piace". Il fatto di non avere un livello professionisti diventa un handicap
"perchè un conto è disporre del campo tutti i giorni, gente
qualificata che ti segue, un altro conto è allenarsi tre volte alla
settimana, magari alla sera, andare avanti e indietro come faccio io tra
Roma e Reggio Emilia.
Fra di noi c'è chi lavora fino alle sei di pomeriggio e poi
va a fare allenamento. È sicuramente un vantaggio essere entrate
nella Federazione, perchè è un'organizzazione riconosciuta,
seria, che ha i mezzi, però il calcio femminile va visto con un
occhio differente. Per esempio il calcio maschile non ha bisogno di essere
pubblicizzato, perchè è lo sport più popolare, quello
femminile sì. Ma nella Lega Dilettanti non è previsto niente
per la promozione. Secondo me molta gente non conosce il calcio femminile,
tutti si aspettano undici sgallettate che corrono dietro ad un pallone...".
Problemi, tanti: l'assistenza medica, il tesseramento quadriennale
e non a vita, la crescita stessa di questo sport: "per questo noi ragazze
dell' A e della B siamo iscritte all' associazione calciatrici - l' AIGC
- che è presieduta da Anna Maria Cavarzan ed è l' unica forma
di associazione sindacale esistente in qualsiasi sport femminile".
Insomma il pallone è, e rimane, maschio. Sulla panchina ci sono
"loro", a dirigere le società, poi gli arbitri e anche il pubblico.
"Sono abbastanza ottimista, passi avanti se ne sono fatti, perchè
è il corso della storia che è così, però se
ci fosse la volontà di far crescere questo sport...si potrebbero
fare dei passi incredibili. Perchè non fare una partita di femminile
prima di quella maschile, la domenica ? Ci sarebbe meno violenza anche
sugli spalti. Io ho avuto nella mia carriera un solo allenatore che mi
ha insegnato tutto, Sergio Guenza, che è poi l' allenatore attuale
della Nazionale. Ma quante ce ne sono di ragazze che non hanno queste doti
innate e che potrebbero emergere ? A Coverciano, ad esempio, dall'anno
prossimo sono aperti per la prima volta corsi per allenatrici donne. A
me non interessa se l'allenatore o l'arbitro siano uomo o donna, basta
che siano capaci."
Carolina Morace è la prima ragazza-ragazza del calcio italiano,
che corre con la sua grande coda di cavallo al vento sempre nell' altra
metà del campo. E lei di rimessa:"Credo che il pubblico ami uno
che lotta per la sua squadra. Però non mi sono mai sentita maschile
e non ho mai avuto problemi quando qualche mio amico mi veniva a vedere:
oddio, adesso mi vede in calzettoni come un maschio ! E poi non sono la
sola: c'è Betty Bavagnoli, che abita a Roma con me e gioca nella
Lazio, lei è carina; Eva Russo anche. Ci sono belle ragazze e meno
carine, come dappertutto". E chiude: "Bella io ? Boh ! non so quanto si
veda dalla tribuna. Sì, si vedono i capelli che sono biondi". |
Carolina in azione e in allenamento
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