Dall' Informatore Coop 57 dell' ottobre 1998
In questo caso non si tratta di un vero e proprio articolo ma di un estratto dalla rubrica della posta che mi pareva interessante riproporre anche qui. La lettera che ho riportato era firmata sulle pagine del giornale ma non ho riportato la firma nella versione web.

Etici in parte


Siamo una famiglia di giovani e appassionati soci, e crediamo molto nelle iniziative "sociali" che meglio di altre possono distinguere la Coop da un normale supermercato. Abbiamo perciò salutato con interesse l' idea dei palloni "etici", prodotti senza sfruttare il lavoro dei bambini. Siamo quindi rimasti delusi dalle scarpe di tela per bambini in vendita presso i supermercati. Non solo queste erano prodotte in Tailandia (paese notoriamente poco incline a tutelare l' infanzia sotto molti aspetti), ma la scritta "Made in Thailand" era pudicamente coperta da un nastro adesivo; ci si poteva accorgere dell' origine solo leggendo all' interno della scarpa (questo era troppo difficile da coprire ?). In breve: perché i consumatori credano davvero a queste iniziative non si possono fare solo su un prodotto "civetta"; devono essere più serie e rigorose ed implicare un diverso rapporto con i fornitori, altrimenti sembreranno sempre operazioni di facciata e perderanno ogni efficacia, sia sociale che commerciale.

(Firme)

Risponde Roberto Cavallini, dell' Associazione Coop Consumatori, distretto tirrenico.

 
La legislazione attuale prevede solo l' obbligo della presenza in etichetta del nome dell' importatore o del produttore. D'altronde sappiamo che in molti casi anche la scritta "Made in..." significa poco, attestando tutt'al più che in quel pezzo di scarpa (suola, tomaia o altro) è fatto o proviene da quel paese, ma non certificando l 'iter complesso di prodotti ormai manufatti in diversi paese e assemblati altrove.
D'altra parte sarebbe non solo difficile ma addirittura un errore chiudere i rapporti con i fornitori del sud del mondo, pena un aumento della povertà per i lavoratori e le loro famiglie. Quindi per anni la Coop ha chiesto ai fornitori la sottoscrizione di un contratto in cui si dichiari di non impiegare manodopera infantile, e dallo scorso anno ha istituito un fondo, alimentato da una percentuale sugli acquisti effettuati nei paesi in via di sviluppo, per finanziare iniziative di scolarizzazione e di solidarietà in estremo Oriente. Quindi anche l' acquisto di scarpe "sospette" può contribuire a migliorare la condizione dei bambini nei paesi poveri. Con il pallone etico la Coop ha voluto dimostrare che è possibile garantire l'assenza di lavoro infantile e destinare importanti risorse in iniziative sociali a favore dei lavoratori, senza un aggravio di costi sul consumatore finale. Dal prossimo anno estenderanno questa esperienza a tutta la gamma dei palloni da gioco e se, possibile, anche ad altri prodotti del tessile. Non ci interessa fare operazioni di facciata fini a se stesse, ma contribuire seriamente a risolvere i problemi nel sud del mondo.

Torna all' indice degli articoli

Torna alla pagina principale