GLOBAL O NO GLOBAL?

Dall'Unità del 05.11.2002

Vademecum per Firenze. Come salvarsi dalla globalizzazione

di Piero Sansonetti

 Il forum sociale europeo si apre oggi a Firenze. Dopo grandi polemiche sull’ordine pubblico e qualche piccola polemica sulle idee che i no-global da un paio d’anni stanno proponendo al mondo. Speriamo che nei prossimi giorni si sviluppi di più la discussione su queste idee. Per adesso, leggendo i giornali italiani e ascoltando le dichiarazioni dei politici, il panorama è abbastanza sconfortante. Con rare eccezioni – rarissime – al movimento vengono mosse obiezioni fabbricate con lo stampino, basate sul sentito dire, sul suono delle parole, e con una conoscenza scarsissima dell’identità politica dei no-global - anche della loro identità morale, o culturale - e della sostanza dei problemi che affrontano.
Proviamo a racchiudere in un piccolo vademecum, in dieci punti, i principali luoghi comuni che rendono difficile la discussione e si parano come una barriera invalicabile tra movimento e mondo (ufficiale) dell’informazione. Dieci domande e dieci tentativi di risposta.

1) E’ vero che i no-global sono autarchici, contrari alle relazioni internazionali, nostalgici di un mondo nazionalista o addirittura campanilista?

No, non è vero. I no-global sono contrari a un processo di globalizzazione come quello che è in corso. Perché pensano che sia dominato dai grandi interessi economici e non dagli interessi dei popoli. Dalle leggi dell’economia e non della politica (della democrazia). E pensano che gli interessi economici che guidano questo processo siano quelli delle multinazionali (diciamo del capitale transnazionale) e siano protetti da una politica che è dominata dagli Stati Uniti, e cioè da un solo paese, come mai precedentemente è successo nella storia moderna. I no-global pensano che l’ interesse delle multinazionali sia quello di aumentare i profitti e concentrarli in una sola parte del mondo, l’Ovest. Cioè nella parte già ricca. E che questo tipo di globalizzazione stia comportando – e sempre più comporterà – uno squilibrio intollerabile, e quindi l’aumento della fame, l’aumento della distanza tra ricchi e poveri, la morte di milioni di persone e l’ingigantirsi delle tensioni sociali con conseguenze gravi: pacifiche (le migrazioni di massa) o violente (il terrorismo). I no-global non sono affatto contrari alla globalizzazione (nonostante il loro nome, che peraltro non si sono scelti ma è stato loro assegnato dai giornali): intendono governarla. E cioè mettere al primo posto la necessità di distribuire meglio le risorse e non di aumentare i profitti. Non difendono gli interessi nazionali o locali, difendono gli interessi del mondo povero, specie del Sud, specie dell’Africa. E sono uno dei movimenti politico-sociali con la più grande apertura e connessione internazionale. Nessun altro movimento, o partito, o sindacato, è costruito in modo così robusto sulla base di una collaborazione tra militanti, intellettuali e centri di pensiero sparsi in tutto il mondo.

2) E’ vero che la globalizzazione ha portato benessere e che mai l’umanità è stata così ricca e prospera?

E’ una tesi sostenuta da molti. Dal partito radicale, per esempio, e anche da pezzi della sinistra moderata. Recentemente l’ha proposta con molta foga il nuovo giornale “il Riformista”. La globalizzazione in realtà ha portato benessere solo in Occidente. E non in tutto l’Occidente, solo nelle sue zone ricche. Per il resto, negli ultimi vent’ani – cioè nella fase “turbo” della globalizzazione guidata dagli Stati Uniti – la povertà e la fame sono aumentate. Basta citare qualche riga di un bel libro, uscito circa un anno fa, e scritto non da un pericoloso Black block ma da Ugo Intini, leader riformista e socialdemocratico, anticomunista storico, ex braccio destro di Craxi. «Il divario tra possibilità e realtà, tra opportunità e privazione è il più grande che mai si sia manifestato nella storia dell’umanità. La povertà non è affatto scomparsa. La metà dell’umanità vive con meno di due dollari al giorno. Un quinto dell’umanità vive con un dollaro al giorno. 840 milioni di persone sono malnutrite, 160 milioni di bambini soffrono la fame e 250 milioni di bambini (quattro volte più che negli anni ’80) lavorano. Ogni anno 5 milioni di persone muoiono di dissenteria provocata dalla mancanza di acqua potabile. La diseguaglianza individuale (tra gli individui) e quella collettiva (tra i popoli) aumenta a dismisura. Quasi tutti i paesi (tranne Italia e Germania) hanno visto aumentare l’ineguaglianza dei salari negli anni ’80, specie i paesi anglosassoni. La distanza tra le nazioni più ricche e quelle più povere del mondo, che nel 1820 era di 3 a 1, oggi è di quasi 80 a 1».  Questo aumento degli squilibri, denunciato da Intini, ha portato ad un aumento notevolissimo del numero delle persone che vivono sotto la soglia di povertà, e anche ad un aumento (denunciato dalla Fao) del numero di persone che soffrono la fame.

3) E’ vero che in Asia la fame è diminuita?

Sì è vero. E’ l’unico continente dove sono diminuite la fame e la povertà. In tutti gli altri continenti (compresa l’America del nord) sono aumentate robustamente. In Asia la fame è diminuita grazie a due colossi come la Cina e l’India, che da soli hanno quasi due miliardi di abitanti e dunque influenzano in modo determinante qualsiasi statistica. La Cina e l’India hanno partecipato alla globalizzazione in modo molto autonomo dagli americani e dalle multinazionali. E oggi raccolgono i risultati. La Cina ha avuto anche il vantaggio, se così possiamo dire – nella lotta alla fame – di avere un governo comunista e autoritario che ha potuto regolare in modo molto forte la distribuzione della ricchezza.

4) E’ vero che i no-global difendono il protezionismo?

È più o meno quello che ha affermato recentemente Emma Bonino, criticando i no-global perché non si occupano della fame del mondo e non sanno che il protezionismo europeo è una delle cause della crisi dell’agricoltura africana e della fame. No, non è così. È esattamente il contrario (e dispiace un po’ che una persona preparata e spesso saggia come Emma Bonino non conosca le posizioni del movimento su questioni così importanti). Il movimento no-global lotta contro il protezionismo non solo europeo ma anche americano e lo indica come una delle cause dei grandi squilibri. Il movimento no-global denuncia il protezionismo non solo in agricoltura, ma in tutti gli altri campi. Da quello industriale, a quello finanziario, a quello scientifico, medico, sociale. Per esempio denuncia il moltiplicarsi negli ultimi anni per 300 (esatto: trecento) del numero dei brevetti usati dall’industria e dalla scienza (specie dall’industria farmaceutica); e dice che in questo aumento sta una delle cause dell’oppressione dei paesi nicchi sui poveri. I brevetti sono protezionismo.Il protezionsimo è uno degli aspetti decisivi del neo-liberismo. Recentemente il G8 stanziò circa 2000 dollari per la lotta alla povertà nel sud del mondo. Il giorno prima di questa decisione George Bush aveva firmato una legge che concede sussidi per 57 mila miliardi di dollari all’agricoltura americana. Cioè una legge che finanzia per 57 mila miliardi l’impoverimento dell’Africa.

5) E’ vero che i no-global sono contro gli investimenti nel terzo mondo?

Non sono contro gli investimenti: denunciano le contropartite che le multinazionali chiedono ai governi del Sud in cambio degli investimenti. Gli Stati Uniti hanno messo a punto un trattato, che si chiama AGOA (Africa’s Growt and Opportunity Agreement, cioè accordo per la crescita e le opportunità dell’Africa) il quale stabilisce le condizioni alle quali avverranno gli investimenti. Il paese che riceve gli investimenti americani ( o multinazionali) si impegna a sospendere le sue leggi sul lavoro, a riconoscere i diritti dell’investitore, a privatizzare la propria struttura pubblica, a seguire la linea economica scelta dagli Stati Uniti. Il “New York Times” (e neanche il NYT è un giornale di Black Block…) ha definito l’Agoa uno strumento di nuovo colonialismo che non aiuterà l’Africa ma rimpinguerà le casse delle imprese americane. Il movimento no-global si oppone all’Agoa che considera uno dei più forti strumenti nel neo-protezionismo liberista.

6) E’ vero che il mancato controllo delle nascite è la causa principale della fame nel mondo?

Questa è la tesi, ad esempio, di due seri editorialisti liberali come Giovanni Sartori e Alberto Ronchey. Sostengono che il movimento no-global non denuncia il mancato controllo delle nascite perché vuole “proteggere” la posizione della Chiesa. In parte questo è vero. Il movimento no-global ha una sua componente fondamentale – sia dal punto di vista della quantità sia dell’analisi – che fa riferimento al mondo cristiano o anche direttamente al Vaticano. E oltretutto, fra le tante istituzioni che lo osteggiano, non c’è la Chiesa cattolica, che forse anzi è l’unica istituzione che lo appoggia. Detto ciò non è vero che il mancato controllo delle nascite è la causa della fame. La causa della fame sta nella struttura dell’economia mondiale: l’aumento della popolazione nei paesi poveri aggrava la fame. Chi denuncia, giustamente, il mancato controllo delle nascite dovrebbe però denunciare anche i vizi della struttura dell’economia mondiale. Altrimenti non propone un rimedio, propone un palliativo. E poi dovrebbe sapere – e sicuramente sa - che un miglioramento delle condizioni economiche e culturali produrrebbe automaticamente un graduale ma robusto superamento del problema dell’eccesso delle nascite. Come dimostra il fatto che il magistero della Chiesa cattolica è più forte nei paesi latini europei che in quelli africani, ma nei paesi latini europei c’è un problema di denatalità.

7) E’ vero che i no global sono massimalisti?

I no global propongono una tassa sulle speculazioni finanziarie pari a meno dell’1 per cento. Si chiama la Tobin Tax. Meno dell’1 per cento vi sembra una “quantità massima”? E qual è allora la quantità riformista? La Tobin Tax fu proposta per la prima volta da un consigliere di John Kennedy. Il kennedismo è un po’ massimalista? I no-global propongono di ridurre da 20 a cinque anni la durata dei brevetti per i farmaci che servono a combattere le grandi malattie( come l’Aids). Dire ai malati di Aids africani di avere pazienza per cinque anni prima di curarsi vi sembra una idea propagandista e provocatoria?  I No-global fissano solo tre discriminanti politiche: il no al liberismo, il no alla militarizzazione, il no al razzismo e alla xenofobia. Di queste tre discriminanti la più generica è quella anti-liberista. I no-global stanno lavorando proprio per questo: per chiarirla, per definirla meglio. Speriamo che a Firenze si facciano progressi. Però intanto sarebbe interessante notare che la discriminate è stata posta contro il liberismo e non contro il capitalismo. Cioè non contro il sistema ma contro la sua attuale gestione americano-centrica e priva di regole democratiche e politiche. Non sembra una posizione insurrezionalista, no?

8) E’ vero che i problemi che pongono i no-global sono già ben conosciuti dalla politica e dalla sinistra?

Purtroppo no. La sinistra ufficiale ha iniziato a occuparsi di questo movimento da pochi mesi. Sta iniziando a considerare come interessanti i problemi che pone. Non sembra però disposta a convincersi che quei problemi non possono essere affrontati come problemi importanti ma secondari. O vengono assunti come problemi centrali, che impongono una riscrittura dell’agenda politica e dei programmi, o restano problemi virtuali. Non si può dire: oggi ci occupiamo delle regole nell’Ulivo, del ponte di Messina, del legittimo sospetto, e del fatto che tre miliardi di persone muoiono di fame. Ci sono delle priorità: bisogna rovesciarle.

9)E’ vero che lo sviluppo può essere infinito e che lo sviluppo porta ricchezza per tutti?

No, non è vero. Non esiste un singolo scienziato al mondo che seriamente dirà mai una cosa del genere. Lo sviluppo ha dei limiti oltre i quali porta al disastro economico e ambientale. Alcuni studiosi hanno provato a tradurre il livello di vita di un cittadino medio italiano anziché in dollari in “ ettari di terra produttiva”. Qualunque tipo di ricchezza, attraverso complesse equivalenze, può essere tradotto in ettari produttivi. Bene, il tenore di vita italiano prevede 4,5 ettari di terra produttiva a testa. Se però dividiamo il territorio produttivo nazionale per il numero di abitanti, scopriamo che ciascuno di noi ha diritto a un ettaro e mezzo di terra produttiva. Gli altri tre dove li prende? In Africa, in Asia, in America Latina. E loro – gli africani, gli asiatici, gli americani del Sud - restano senza terra. La ricchezza e lo sviluppo sono limitati. Però ce n’è abbastanza per tutti. Il problema è spartire.

10) E’ vero che il movimento no-global si divide in due: i violenti e i non-violenti? Cioè i cattivi e i buoni?

Non è vero neanche questo. Il movimento è non-violento. Una parte consistente del movimento (non solo la sua componente cattolica) è addirittura ideologicamente non- violenta. Cioè fa del rifiuto comunque della violenza un fatto assoluto, etico e ideologico. Una parte invece ritiene che la violenza vada evitata, ma non considera la non-violenza un valore supremo. Cioè considera legittimo, in condizioni particolari, l’uso della forza per ragioni di autodifesa. Assumendo, nei riguardi della questione dell’uso della forza, la stessa posizione della grande maggioranza dei parlamenti occidentali.

TORNA ALLA PAGINA PRINCIPALE