Da Sorrisi e Canzoni TV del 9-15 aprile 2000

ATTUALITÀ

Korogocho sorge alla periferia di Nairobi: è una baraccopoli in cui vivono 100.000 persone, tra violenza e malattie. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, aiuta la gente a uscire dalla disperazione. Senza chiedere la carità ma lavorando a prodotti da vendere ai Paesi ricchi.

L' ALTRA METÀ DEL PALLONE

PRIMO PIANO: DAL KENIA I PRODOTTI DEL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

di Marco Brando

Foto M. Albonico/G. Neri

Anelli, collane e orecchini si possono acquistare da «Udada». I batik, grandi teli di stoffa dipinta, si trovano da «Kairos e Ghetto». «Kindugu» offre mobili di papiro e monili. Per tovaglie, T-shirt e stoffe ci si può rivolgere a «Kochkhanga». Poi sono a disposizione palloni da calcio in cuoio o in materiale sintetico. Li producono e vendono i ragazzi di «Maarifa».
E se alla fine sorge il problema del modo in cui trasportare gli acquisti, si può scegliere tra una borsa o un cesto, fatti con fibra di agave, che si trovano da «Mania Wa Vyondo». Roba da far girare la testa a tutti i maratoneti dello shopping. Ma non è l’ultimo megastore in stile etnico e non ha vetrine bene illuminate. E non è a Milano, né a Roma o a Palermo. Bisogna andare più a sud. Molto più a sud. Occorre arrivare in Kenya, schivare le mete del turismo lungo le spiagge dell’Oceano Indiano, risalire le montagne, lasciare la capitale, Nairobi, e spingersi nella sua sterminata periferia, a 1.700 metri di altezza, dove sorgono un centinaio di baraccopoli. Ecco, la discarica di Korogocho. Un chilometro quadrato di rifiuti, provenienti da quei pochi che vivono come nei Paesi ricchi e dagli alberghi dei turisti. Attorno, una distesa di catapecchie di lamiera. Ospitano 100.000 persone, senz’acqua, senza elettricità, senza fognature. Tra quei rifiuti trovano l’unica fonte di sostentamento. Qui il 50% della popolazione è malato di Aids. Droga e alcolismo, prostituzione e violenza sono la vita quotidiana. Forse non è un caso che Korogocho, in lingua kykuyo, voglia dire «caos». In tale caos giungono ogni giorno nuovi abitanti. Fuggono dal Nord del Paese, afflitto da una lunga siccità, e dalla vicina Somalia.

SEGNALI DI SPERANZA. A lato i teli batik di "Kairos e Ghetto". Sotto, lavorazione delle borse. Più in basso il calciatore Ivan Zamorano (33 anni), che ha promosso l' acquisto dei palloni fatti a Korogocho.

Eppure in questa bolgia sono nati quei piccoli atelier. I loro nomi evocano speranza. «Udada» significa «sorellanza», «Mama Wa Wyondo» vuoi dire «mamma delle borse», «Kindugu» equivale a «fratellanza». «Bega Kwa Bega» invece è un’espressione swahili: «fianco a fianco». Indica l’insieme dei gruppi di solidarietà a carattere artigianale formatisi a Korogocho alcuni anni fa, con l’aiuto di due missionari, i padri comboniani Alex Zanotelli e Gianni Nobili. I gruppi sono formati da uomini e da donne che avevano perso tutto e che, grazie a quelle iniziative, hanno riscoperto la voglia di vivere. I loro prodotti non sono realizzati sfruttando il lavoro dei bambini. Né sono acquistati a prezzi irrisori da aziende occidentali, come spesso capita. Sono venduti al prezzo giusto, senza intermediari. Giungono in tanti negozi, italiani e di altri Paesi ricchi, grazie alla rete del «commercio equo e solidale». Gli utili vengono divisi tra i lavoratori in proporzione al lavoro eseguito.
Così Padre Alex e i suoi attuali compagni (il comboniano Antonio D’Agostino, il laico Gino Pini e il frate francescano Arcadio) a Korobocho sono sinonimo di riscatto, oltre che di fede. Alex Zanotelli giunse da queste parti nel 1990. Prima era stato il direttore di «Nigrizia», la battagliera rivista del suo ordine. Venne allontanato, in seguito a forti pressioni politiche, perché nel 1987 aveva denunciato la corruzione in una parte della cooperazione internazionale italiana. In seguito le inchieste giudiziarie gli avrebbero dato ragione ma allora pagò per il suo coraggio. Arrivato a Nairobi, decise di non vivere nella missione. Affittò una baracca, per condividere la vita reale della gente. 
E, giorno per giorno, l’ha aiutata a trovare la forza di reagire, di sperare.
«Il commercio equo è importante, è un piccolo segno di speranza», dice padre Alex, attraverso un telefono gracchiante
che sembra trasmettere da un altro pianeta. «Permette alle cooperative del Sud del mondo e ai poveri di organizzarsi, di produrre cose che possono entrare nel nostro mercato a prezzi giusti. A Korogocho ragazzi e ragazze strappati alla droga, alla prostituzione, hanno la possibilità di trovarsi un futuro alternativo. Altrimenti la morte è certa». «Non chiediamo elemosine, chiediamo ai cittadini dei Paesi ricchi di acquistare i nostri prodotti», continua.
Un cammino di liberazione. E non solo per i poveri della discarica... « Vero. I poveri non sono oggetti di carità, noi li abbiamo resi oggetti di carità. Sono loro invece che ci annunciano chi è Dio», dice padre Alex, «e io stesso cerco di imparare... Mi hanno detto: “Ti vogliamo con noi”. Poi hanno aggiunto: “Però sappiamo che hai un altro compito, Alex, quello di tornare dai tuoi amici, lassù, in Italia. Vai e a nome nostro riporta quello che tu hai visto. Porta la speranza che sta nascendo dentro di noi”. Ecco, per resistere qui ci vuole una grande spinta interiore. Ma si resiste anche perché la gente ti dà la forza. Nei Paesi ricchi il benessere ci ha tolto la forza. Il nostro modello, basato sul potere del denaro, non funziona. Anzi, non fa che creare morte».
Papà Alex, dopo dieci anni in Kenya, di energia ne ha ancora tanta. Vorrebbe portare quello che ha imparato altrove, «ma-
gari in una periferia degradata di un Paese ricco, anche in Italia». Resta in attesa che qualcuno venga a dargli il cambio.
Ma poi desidererà veramente partire?
 

Le botteghe della solidarietà 

Il  «commercio equo e solidale», che in Italia si e sviluppato da una decina di anni, consiste in una rete di produttori, distributori e consumatori che basano il loro rapporto su rispetto e solidarietà, eliminando quella serie di passaggi in base ai quali spesso la manodopera dei Paesi in via di sviluppo viene sfruttata e sottopagata. In Italia operano la
«Cooperativa Equo Mercato» e il «Consorzio Ctm Altromercato». Non hanno fini di lucro e si basano soprattutto
sul volontariato. Importano alimentari, abbigliamento e oggetti di artigianato da Africa. Asia e America Latina, finanziando anche piccoli progetti. Garantiscono ai produttori un
margine medio del 30%. Su Internet, nei siti www.equomercato.it e www.altromercato.it. si possono trovare gli indirizzi di tutti i negozi, circa 300, e i cataloghi dei prodotti.
I consumatori potenziali sono 2.500.000. Per informazioni:
031 706857 (Coop Equo Mercato), 045 8008081 (Ctm).

IL CORAGGIO DI TESTIMONIARE

Padre Alex Zanotelli (61 anni). È nato a Livo (Trento). Ordinato sacerdote nel '64, ha fatto il missionario anche in Sudan, dal quale fu espulso dopo otto anni a causa della sua solidarietà con il popolo Nuba.

VIVERE IN KENYA. Alcuni ragazzi con il materiale selezionato nella discarica. Il progetto di recupero gestito da padre Alex Zanotelli, è stato promosso dalla Parrocchia di Kariobangi e dall' Associazione di cooperazione cristiana internazionale (Accri).

La produzione dei palloni da calcio

 

 
 
 
 

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