Raccontaci un poco del tuo passato. Sei cresciuta calcisticamente
negli USA, vero?
Sono cresciuta giocando a calcio nel cortile con i miei
tre fratelli e poi in una squadra di ragazzi con mio fratello Bob. Quindi
mio padre ha preso in mano una squadra maschile della mia età ed
ho giocato con loro fino a 13 anni, prima di passare al calcio femminile.
Non c’erano squadre femminili organizzate in quegli anni, ma non mi importava.
Poi mi sono laureata all’Università di North Carolina, dove ho giocato
per 4 anni.
E poi dove hai giocato?
Dopo il diploma al college ho passato un anno per recuperare
da problemi alla schiena, prima di venire a giocare in Europa. Stavo cercando
una squadra in Germania quando ricevetti una telefonata da Gretchen Gegg,
il portiere della squadra americana, che giocava in Giappone. Decisi di
andare in Giappone per ritrovare la forma migliore, perché passare
subito ad una lega competitiva come quella tedesca dopo essere stata fuori
per un po’ poteva danneggiare la mia reputazione. Ho giocato in Giappone
dal 92 al 94, prima di andare all’Umea IK in Svezia nella stagione 94-95.
Dopo di che ho lasciato la Svezia per l’Italia per giocare prima nel Torino
nella stagione 95-96, e poi nel Modena dove ho scoperto che non potevo
giocare perché non avevo firmato il contratto in tempo utile. Sono
allora andata per meta` stagione in Germania con lo SC Klinge-Seckach nel
96-97. Quindi sono tornata al Modena per vincere lo scudetto 97-98.
Tu hai giocato per il Modena campione d’Italia. Come
sei finita lì?
Alla fine della stagione in Svezia, ho cominciato a cercare
una squadra in Italia e mi sono messa in contatto con il Modena che era
appena stato promosso in serie A ed aveva uno sponsor in grado di attrarre
le giocatrici. Eravamo appena agli inizi della stagione, ma molte squadre
avevano già sotto contratto una giocatrice straniera, così
la mia scelta era limitata. Sono volata qui per cominciare con la stagione
96/97, invece non ho firmato il contratto in tempo, per cui avrei dovuto
perdere l’anno. Non ci potevo neppure pensare, così decisi di andare
in Germania per aiutare una squadra ad entrare nella Bundesliga, e quindi
sono rientrata al Modena.
Non
sembri felicissima di giocare e vivere in Italia. Cosa manca in confronto
con gli USA, l’organizzazione, i metodi di allenamento, la mentalità?
Siamo stanche di lavorare professionalmente in ogni circostanza
ed essere ancora trattate come dilettanti. Finché la federazione
non cambia le regole in modo da proteggere di più le calciatrici
e da obbligare le squadre ad aggiornare i propri tecnici oppure ad assumerne
di competenti, questa lega continuerà a non svilupparsi. La causa
prima di tutti i problemi è comunque la mancanza di fondi. Se ci
fosse una migliore promozione, anche per la nazionale, si potrebbe catturare
più interesse nel pubblico, come ho visto avvenire in Svezia. La
nostra squadra era presente alla radio, in TV, sui giornali, abbiamo persino
registrato un disco con un professionista del settore, e chiuso la stagione
con un pubblico record in una piccola città nel Nord della Svezia!
Se la federazione prendesse sul serio il calcio femminile, con persone
entusiaste disposte a farlo crescere senza badare al proprio tornaconto,
allora forse il calcio femminile avrebbe delle possibilità. Quella
italiana è la sola lega in cui ho notato un calo di interesse negli
ultimi anni, invece di una crescita legata alla maggiore sensibilità
sui diritti delle donne. Le cose qui vanno più lentamente. La mentalità
americana just do it qui non esiste e ciò può essere
molto frustrante per chi vuole lavorare, anche su base volontaria. Direi
che questo aspetto del problema è del tutto ignorato.
Tu hai giocato a fianco della leggenda in persona,
Carolina Morace, così come con nazionali quali Tesse, D’Astolfo
e Panico. Andavi d’accordo con loro e c’è da parte loro curiosità
sul calcio negli USA?
È sempre un piacere giocare con forti calciatrici
perché ti consente di giocare al meglio e rende il calcio bello
e facile, e specialmente quando si gioca tra gente che parla lingue differenti,
occorre esprimersi con il passaggio ed il movimento. Forse a causa della
mentalità italiana, qui il gioco è molto diverso rispetto
agli USA. Negli USA ci insegnano il gioco di squadra e come aiutarci e
motivarci l’un l’altra in modo positivo. Qui è l’opposto. C’è
molta tensione sul campo, anche quando si è 10-0. Le ragazze urlano
fra di loro costantemente. Non capisco come si possano concentrare sul
gioco. Ogni cultura ha i suoi modi di esprimersi e se così facendo
si gioca meglio, allora va bene così. Negli USA quando si soffre
un poco cerchiamo di aiutarci fra di noi, cercando di non far vedere all’avversario
che siamo in difficoltà. Sì, le ragazze sono curiose del
calcio americano, ma non tanto di come ci alleniamo, e ciò mi sorprende
un poco perché gli USA sono la nazionale più forte del mondo.
Tu hai anche giocato contro avversari di alto livello.
Quali sono stati i più forti finora?
E` difficile ricordarli tutti, ma devo dire che il campionato
svedese è molto impegnativo. E` molto fisico, talvolta si avvicina
al wrestling, e dovevo usare tutta la mia energia per tenermi le braccia
libere. Il torneo era a sole 12 squadre, il che rendeva ogni incontro molto
competitivo. Credo che la Bundesliga sia persino meglio, perché
anche loro hanno ridotto il numero di squadre da 20 a 12. E’ comodo avere
un incontro facile ogni tanto, ma io preferisco giocare sempre match impegnativi.
Le tedesche sono molto dotate sul piano tecnico, ed è la cosa di
loro che preferisco. Il Giappone è stata una esperienza interessante
ma in altri sensi, poiché non c’erano grandi giocatrici, ma dovevo
abituarmi a pensare diversamente. Giocavo in ruoli differenti a seconda
dell’incontro, praticamente come un jolly, poiché la mia squadra
era molto giovane. In Italia invece si fa molta tattica, forse troppa per
i miei gusti
Pensi che l’Italia riuscirà mai a raggiungere
i livelli delle grandi nazionali del calcio femminile, USA, Germania, Cina,
Norvegia, Svezia?
Se la federazione continua a comportarsi come oggi, penso
proprio di no. Ho visto che c’è un nuovo coach (purtroppo già
vecchio … ndr) che ha molta esperienza e le ragazze sono contente di
lui, ma questa è solo una mossa nella direzione giusta. Ora devono
sviluppare di più i programmi per le squadre giovanili, in modo
da creare una base solida di praticanti. Si può già vedere
che c’è un grosso divario tra alcune ragazze della nazionale ed
il resto della squadra. E poi le nazioni più forti sono quelle in
cui in generale i diritti delle donne sono più considerati.
Come giudichi i metodi di allenamento italiani rispetto
a quelli degli altri paesi in cui hai giocato? Gli allenatori italiani
sono all’altezza?
E’ da poco che ci sono allenatori competenti nel calcio
femminile. Credo che l’Italia su questo sia ancora indietro. C’è
ancora molto da fare in termini di considerazione e mancanza di fondi e
benefit per coloro che vogliono allenare le ragazze. In Italia, siccome
il calcio maschile è lo sport più importante, si crede che
coloro che non sono abbastanza bravi per allenare gli uomini, possono comunque
allenare le donne. Il fatto poi che non ci siano soldi non permette di
smentire questo modo di pensare. Non ci sono poi tentativi da parte della
federazione di educare gli allenatori. L’idea comune resta quella che le
donne non possono giocare a calcio, così molti allenatori non ci
provano neppure. Dalla mia esperienza, ho visto che gli allenatori italiani
mettono molta enfasi sulla preparazione fisica, invece di combinare questa
con il lavoro sulla palla, in modo da rendere l’allenamento meno ripetitivo.
Svedesi e tedeschi hanno programmi di allenamento che combinano la preparazione
fisica con l’affinamento della tecnica di base e con lo studio delle tattiche
di squadra. Qui l’allenamento alla lunga perde di intensità. Va
poi anche detto che in Europa la stagione è molto più lunga
che non in un college, e quindi essere sempre al top può essere
stancante. In Giappone si fanno invece allenamenti lunghi e ripetitivi
a livello giovanile, in modo da ottenere giocatori molto disciplinati.
Quale è la tua impressione sul modo in cui gli
italiani trattano le donne, ed in particolare le atlete?
Beh, il mio fidanzato e` italiano, e mi tratta molto
bene! (e` l'ex-campione d'Europa dei 3000 siepi Alessandro Lambruschini,
ndr). Parlando di atlete, forse per l'Italia e` una novita` che una
donna si diverta a fare sport, ed in particolare il calcio, perche` il
calcio per voi e` sport da uomini (non come la pallavolo, il tennis od
il nuoto). Lo sport scolastico non e` poi molto sviluppato, cosi` le ragazze
non hanno modo di scopriere le loro attitudini sportive, a meno che non
abbiano un grande talento. In generale, la reazione tipica maschile dipende
molto dall'educazione. Le persone gia` coinvolte in attivita` sportive
sono in grado di capire che anche le donne giocano ad un buon livello,
e vedermi quindi in modo piu` professionale. Altri possono scherzarci sopra,
chidendomi se scopo il campo prima di giocare. Essi non ritengono possibile
che io possa giocare al calcio perche` sono troppo femminile. Penso comunque
che con una maggiore educazione sportiva del pubblico, crescera` la capacita`
di apprezzare anche il calcio femminile.
Le
tue precedenti compagne Tesse e Panico in passato si sono rifiutate di
giocare per problemi economici. Cosa ne pensi?
Non c'e` nulla di nuovo. E` il solito proiblema tar giocatori
e societa`. Finche` i contratti non saranno rispettati, il probelma continuera`
ad esistere. Molte atlete si fermano a meta` stagione perche` le societa`
non pagano gli stipendi o perche` lo sponsor se ne e` andato. Molte societa`,
vedendo che la stagione non va bene come previsto, trovano il modo di risparmiare
non pagando gli stipendi. Siccome le giocatrici sono considertae dilettanti,
non hanno alcun diritto cointrattuale. Spero che gia` quest'anno cambi
qualcosa, siccome molte calciatrici hanno firmato una petizione alla DCF
per ottenere la modifica dei regolamenti.
Se fossi il presidente di una squadra femminile italiana,
cosa faresti?
Prima di tutto sarei onesta con le mie giocatrici. Se
il budget e` scarso, non prometterei cose che non posso mantenere. Il grosso
problema e` trovare gli sponsor. Si puo` provare a fare pubblicita`. Il
mio club a Umea faceva ad esempio un sacco di pubblicita` sulle radio e
televisioni locali, ed i nostri incontri erano sempre seguiti dai giornali
locali. Credo sia fondamentale creare un legame tra squadra e pubblico,
cercando di non avere sempre giocatrici che vanno e vengono per una
sola stagione. In Italia e` difficile restare nella stessa squadra per
piu` di un anno, a causa della scarsita` di fondi e per la disonesta` di
alcuni managers. Un altro problema e` poi la mancanza di organizzazione
ai vertici.
Tu che hai vissuto a lungo in Italia, con un campionato
che vede campioni Ronaldo, Baggio e Batistuta, tanto per dirne alcuni,
sei mai andata a vedere incontri maschili?
E` una delle principali ragioni che mi fanno amare l'Italia.
Non c'e` niente come andare allo stadio per vedre il grande calcio. La
folla e` incredibile, le bandiere, le tifoserie, i derby e tutto il resto.
E pensare poi di vedere quanto c'e` di meglio al mondo! Seguo anche con
attenzione il calciomercato per vedere i campioni che arrivano. Cerco di
evitare le zone con tifosi troppo scalmanati, non voglio avere incidenti
stupidi. Preferisco seguire il gioco e studiare le tattiche utilizzate
dalle squadre.
Che ne dici dei prossimi Mondiali in USA? Chi vincera`?
Devo dire gli USA. L'unico nostro difetto e` la mancanza
di una forte lega femminile alla spalle, per consentire alle ragazze di
continuare a giocare dopo il college. Nei college giochiamo dall'eta` di
17 a 22 anni, ma ai mondiali giocheremo con gente che magari gioca da 17
anni! Io trovo molto stimolante giocare contro gente di esperienza, perche`
e` sempre piu` difficle vincere. Quando si raggiunge un livello elevato
coem quello dei Mondiali, incontra solo giocatori di talento. Se gli USA
avessero una sera organizzazione femminile, sarebbero imbattibili, perche`
il serbatoio di talenti dei college supera quello di qualsiasi nazione
europea. Le favorite dovrebbero essere le solite quattro, USA, Cina, Norvegia
e Svezia, anche se la Germania e` in grande crescita, dopo l'addio di alcune
veterane. Non mi sorprenderei poi di vedere in alto tra pochi anni il Giappone,
grazie al supporto della loro lega professionaistica.
Sei rimasta in contatto con altre calciatrici begli
USA?
Sono in contatto con molte giocatrici, anche perché
la bellezza di questo sport sono le amicizie che si vengono a creare. Molti
dei miei amici stanno insegnando alle università, cosi` sono sempre
aggiornata su quelle che sono forti e su quelle che non lo sono piu`. Resto
in contatto per sapere della possibilità di una lega professionistica,
poiché ho sacrificato abbastanza anni all'estero e sarebbe bello
tornare a giocare dalle mie parti ed avere la mia famiglia tra il pubblico.
Ricevo molte lettere ed email dai giocatori che ora sono coach alle università,
e che hanno giocatori che stanno per laurearsi e vorrebbero giocare all'estero.
Provo ad aiutarli per quanto mi e` possibile, poiché sono felice
di aiutare coloro che amano il calcio come me. Purtroppo non c'e` ancora
la possibilita` di guadagnare bene, magari in futuro quando il calcio femminile
sara` a livello professionistico, potro` diventare un agente poiché
ho già avuto abbastanza esperienza nel settore.
Se una calciatrice straniera ti dicesse che viene in
Italia, che consiglio le daresti?
Ad una esordiente, suggerirei sempre di cominciare in
un ambiente piu` tranquillo, come in Svezia od in Germania. Gli italiani
hanno una personalita` molto complessa, e ci vuole un po` di tempo per
entrare nella mentalita` giusta. In tutte le nazioni dove ho giocato, incluso
il Giappone, non ho mai avuto bisogno di un agente per negoziare un contratto,
finche` non sono venuta in Italia. Non ci si puo` fidare di nessuno e bisogna
assicurarsi che sia tutto messo per iscritto, e talvolta non basta neppure
questo. Ho trovato che l'essere una donna rende piu` difficile essere prese
sul serio. Se invece una vuole fare solo un po` di esperienza e non giocare
a livello troppo competitivo, allora puo` essere interessante venire in
Italia. E` possibile trovare un lavoro part-time, e chiedere al club solo
un supporto di tipo logistico, cosi` tutti sono contenti. Anche se la lega
non e` di grandissimo livello, le prime 7-8 squadre sono assai competitive,
e ridurre la lega a 12 come in Germania sarebbe una ottima idea. Ci sono
ancora molte carenze organizzative, ma spero che le cose cambino presto.
La gente in generale e` molto gentile, anche se ci sono grandi differenze
tra le varie regioni, anche per la lingua ed il cibo. Per complicare le
cose poi, quasi nessuno parla inglese. All'inizio e` un po` dura, ma l'italiano
e` bello e vale la pena impararlo.
Che progetti hai per il futuro?
La mia vita e` una continua sorpresa anche per me. Adesso
ho deciso di tornare in Italia, anche se non ho ancora una squadra. La
maggior parte delle nazioni europee ha gia` iniziato, e quindi dovrei aspettare
la seconda parte della stagione, dopo la pausa invernale. Non ho in programma
di tornare in Giappone, almeno per ora, ma in futuro penso di ritornarci,
perche` e` stata forse l'esperienza piu` interessante tra quelle che ho
fatto. Se riusciro` ad entrare in nazionale (gia` fatto, ndr), lascero`
perdere tutto per concentrarmi sui mondiali, ovviamente tranne il mio fidanzato
italiano! Anche lui e` andato alle Olimpiadi, cosi` e` riuscito a convincermi
a ritornare in piena forma. Certo che dopo tanti anni di allenamento professionale,
essere considerata una dilettante e` un po` frustrante. Vorrei comunque
giocare ancora per qualche anno e poi passare ad allenare, il che e` una
cosa che mi piace molto fare. Se ci sara` poi la possibilita` di giocare
in una lega americana professionistica, sono comunque pronta a giocare
fino a 40 anni pur di non perdere questa opportunita`!