ITALIA-USA A RIETI: VITTORIA SU TUTTI I FRONTI

Un’organizzazione perfetta, un pubblico numeroso, un giorno da ricordare

Rieti, 7 marzo 2001

A mezzogiorno il parcheggio dello stadio Centro D’Italia di Rieti è praticamente vuoto, ma i cancelli sono aperti e si vedono dei movimenti frenetici. Persone in tuta entrano ed escono, autovetture e furgoni partono e arrivano, polizia e carabinieri prendono posizione.
A Rieti l’evento è sentito, se ne parla anche nelle botteghe, nei supermercati. “Ci vai alla partita?” è il tormentone della mattinata.
Gli USA sono pur sempre gli USA, pazienza se non vedremo Mia Hamm o Michelle Akers, e forse molti non hanno nemmeno capito che non vedranno le stesse americane di USA 99. In giro si sa soltanto che gli USA sono la squadra campione del mondo in carica e che l’amichevole con l’Italia sarà un grande evento.
In effetti la rappresentativa americana è soltanto una squadra giovane che si prepara all’Algarve Cup, torneo da disputare in Portogallo nei giorni seguenti, l’età media è 20 anni, se di campionesse del mondo si tratta, la cosa riguarda sicuramente il futuro e non il passato.
Ma gli USA sono pur sempre gli USA e forse proprio per questo sia gli enti locali che la FIGC e la Divisione Calcio Femminile hanno avuto gli stimoli per organizzare tutto nel miglior modo possibile.
Alle 13 e 20 arriva il pullman americano. Le ragazze scendono tranquille, forse le uniche a non percepire l’evento sono proprio loro: qualcuna porta persino le ciabatte, preferendo la comodità all’immagine, qualche altra guarda incuriosita l’esercito di polizia e carabinieri raggruppati al cancello, ancora intenti a spartirsi la zona.
Alle 13 e 30 arrivano anche le azzurre, le ragazze sembrano tranquille, sorridono e salutano amichevolmente. Il Ct Carolina Morace ha invece tutto un altro aspetto, scende di corsa, si muove in fretta, indica a qualcuno dello staff dove e come parcheggiare la propria macchina e lo fa quasi come se stesse riprendendo le calciatrici durante la gara.
In campo si respira l’atmosfera delle grandi occasioni: alla fine arriveranno una ventina di fotografi accreditati, da aggiungere agli operatori della Rai, presente in forze per la diretta su Raisport Satellite.
Per il riscaldamento le nostre scelgono una zona il più lontano possibile dagli obiettivi, le americane invece occupano tutta una metà campo e in questo clima sembrano paradossalmente più a loro agio rispetto al clan azzurro.
Arriva la gente, tanta, la tribuna coperta è piena, peccato che per motivi logistici le telecamere non la inquadreranno quasi mai.
Le squadre entrano in campo con le magliette di Amnesty International, nell’ambito della campagna “Non sopportiamo la tortura”, e si schierano così davanti alla tribuna. Il cerimoniale pre-partita è come sempre uno spettacolo nello spettacolo: anche una piccola cosa come il momento in cui le ragazze si sfilano le magliette bianche di Amnesty liberando l’azzurro delle Kombat Woman, diventa qualcosa di emozionante.
E poi ci sono gli inni nazionali. Le americane mettono la mano sul cuore, le azzurre si stringono in un abbraccio collettivo e cantano tutto l’inno, parola per parola.
C’è qualche incertezza sulla foto di gruppo, l’abitudine non è ancora ben radicata, ma alla fine la squadra si mette in posa per qualche scatto. Purtroppo i fotografi snobbano la squadra USA ma le stesse americane neanche si pongono il problema.
L’arbitro Sabrina Rinaldi dà il via e si vede subito che per quanto amichevole sarà una partita vera.
L’Italia attacca di più: Panico e Guarino si creano le occasioni ma poi le sbagliano.
Il pubblico sostiene la squadra senza riserve: non importa se non si conoscono i nomi, per le Tesse arriva qualche “brava 5!” e per la Zorri ci sono un paio di “…forte questo 10…”.
Per le americane arriva anche qualche insulto, ma per fortuna non in inglese.
I più scatenati tifosi rietini intonano anche qualche “Morace facci un saluto…” ma senza successo, Carolina è troppo presa dalla partita, quel centrocampo senza la D’Astolfo non sembra funzionare a dovere, bisogna fare qualcosa.
Comincia a scaldarsi la Ceroni che poi entrerà all’inizio della ripresa.
Le americane si difendono, riescono ad essere pericolose solo con un colpo di testa di Laura Schott, per il resto tirano solo le azzurre.
Ci provano ancora Guarino, Panico e Zorri, ma o il portiere o la traversa respingono il pericolo ad ogni occasione.
Poi arriva il momento di Silvia Tagliacarne. Sostituisce la Duò e comincia a fare la terza punta, si becca tre o quattro richiami da parte di Carolina e poi… Mancano due minuti alla fine, si trova al limite dell’area riceve un pallone non facile, se lo aggiusta come può col destro e sempre col destro tira fortissimo nell’angolino alto. Per Hope Solo, impeccabile portiere americano, non c’è nulla da fare. Silvia e le azzurre corrono verso la panchina e comincia la serie dei baci e degli abbracci.
La partita potrebbe anche finire lì, l’Italia ha vinto. Carolina finalmente regala un paio di cenni di saluto ai rietini che non avevano smesso di invocarla.
Il programma della manifestazione prevede anche l’incontro con la stampa dopo la partita: la Morace fa il solito bagno di folla, attorniata da microfoni, telecamere, flash e riflettori. Dice le solite cose di circostanza poi fugge negli spogliatoi. I giornalisti se ne vanno e lasciano il campo ai ragazzini a caccia di trofei: autografi, spillette, adesivi ma soprattutto le maglie da gioco. La caccia alle maglie non darà frutti perché sono già state promesse ad Amnesty International, per gli autografi non c’è problema: basta una penna e una copia di “Calcio Donne” e poi via, a caccia!
Anche l’uscita alla spicciolata delle “dive azzurre” è uno spettacolo, i ragazzini non se ne lasciano sfuggire una. Persino April Heinrichs, Ct Usa, trova un’ammiratrice che le chiede una foto insieme.

Alle 18 e 30 il parcheggio dello Stadio Centro D’Italia di nuovo vuoto. Sono rimasti solo i tecnici della Rai a smontare l’attrezzatura e qualcuno dell’organizzazione. L’ultimo ragazzino a caccia di trofei mi ferma.
“Ce l’hai una spilletta, una maglia, qualcosa…?”
Questa è proprio nuova, qualcuno che chiede a me un oggetto da conservare… Frugo nello zaino, ma spillette non ne ho, gli annuari li ho finiti, la casacca da fotografo è il mio trofeo, non la posso certo regalare…
“Mi è rimasta solo questa copia di Calcio Donne, vedi? c’è Carolina in copertina…”
Il ragazzino accetta entusiasta e se ne va con in mano il “Calcio Donne” arrotolato, l’ultimo trofeo di una giornata da ricordare.