PATRIZIA SBERTI: la donna-gol

Pisa, 6 maggio 2000

Succede che un giorno riesci a conoscere di persona qualcuno di cui hai sentito parlare per anni. Persone come Patrizia Sberti, nata a Pisa nel 1969 e in campo fin dal 1984, prima con le squadre locali (una fugace apparizione nel Pisanova, oggi Pisa, poi nell' Ulivetese per due stagioni) per poi arrivare in serie A già nel 1986, col Prato Wonder. Da allora Patrizia non ha più lasciato nè la serie A, nè la Toscana, passando per Carrara, Firenze, Agliana fino a tornare nella sua Pisa, dove lavora come giornalista.
Nel suo curriculum ci sono 17 presenze in nazionale e uno scudetto vinto con l' Agliana.
Il dopo-partita del derby fra Pisa e Agliana, vinto dalle amiche pistoiesi per 2-1, non sembra il momento ideale per un' intervista ma ci provo.
- Patrizia ? mi concedi un' intervista ?
Lei, con occhiali da sole da star del cinema (malgrado siano le sette di sera), sembra seccata
- Ma proprio dopo una sconfitta ?
- Dai, non parliamo della partita, facciamo qualche discorso in generale.....
- Vabbè.....
Si toglie gli occhiali, prende in braccio un cuginetto e sorride: sembra quasi un' altra persona. Forse voleva farmi uno scherzo.
- Cominciamo da Usa 99, ovvero dal momento in cui sono cominciati i tormenti di questa stagione. Quali sono i tuoi ricordi di questa esperienza ? quali sono stati i momenti belli e quali quelli brutti ?
- Penso che bisognerebbe cercare di imparare da tutte le esperienze che viviamo: noi siamo state due settimane negli Stati Uniti e abbiamo vista una realtà, quella del calcio femminile americano, molto importante. Mi dispiace solamente che ancora oggi non si faccia niente, non dico per imitare perchè le basi sono diverse, ma almeno per cercare di tenere presente quelle direttrici essenziali in modo da garantire alle "nuove leve" un progetto a lungo termine.
- Invece c'è stata una sorta di distacco fra calciatrici e dirigenti che ha portato poi alle lettere, al caso D'Astolfo e a tutti quei disagi che stiamo vivendo ancora in queste settimane...tutti problemi che si sono aggiunti a quelli che già c'erano prima.
- Questo purtroppo fa parte delle caratteristiche di questo movimento. Il discorso andrebbe spezzettato. Noi abbiamo fatto vedere tutti i nostri limiti ai mondiali. Secondo me, se ci fosse più attenzione, vera attenzione, intorno a questo movimento, allora lo spettatore esterno potrebbe farsi un' idea più ampia, anche a livello cittadino, di campionato. Il problema è che non c'è critica e allora c'è anche troppo pressapochismo. Cresce e migliora solo chi ha dentro di sè la voglia di imparare, anche se è già bravo. Chi si accontenta rimane lì, vivacchia e in questo contesto può vivacchiare bene: è un grosso limite.
- Te hai giocato in molte squadre ma sei sempre rimasta in Toscana...
- Una scelta ben precisa.
- Appunto, parliamo di questa tua scelta che è un buon esempio per molte ragazze che vanno a cercare avventure chissà dove e poi ne rimangono scottate....
- Io ho sempre privilegiato l' aspetto strettamente sportivo, nel senso che la passione per questo sport è sempre venuta prima di tutto. Implicava sacrifici, rinunce, però nel momento della partita c'è sempre stato il coronamento di questi sacrifici. Può andare più o meno bene ma sai sempre di aver dato il massimo. Senza false modestie posso dire di aver avuto tantissime offerte, dalla Sardegna puntualmente ogni anno, da Torino, da Monza, da tutte le principali società del panorama italiano di questi ultimi anni. Io ho scelto di rimanere in Toscana anche perchè c'erano comunque squadre competitive in cui potevo crescere e imparare e poi perchè così ho potuto privilegiare altri interessi della mia vita privata. In una situazione professionale dal punto di vista dell' impegno ma dilettantistica nella sua massima espressione si devono fare delle scelte. Se si potesse arrivare al professionismo.... anche se ormai la cosa mi riguarda marginalmente, ma qui il discorso diventa troppo vasto, bisognerebbe lavorare sulle scuole calcio, coinvolgere le società maschili, formare i dirigenti.......
- La classe dirigente è forse l' elemento più debole del calcio femminile italiano attuale....
- Sì, anche questo....io penso che i dirigenti, come i tecnici, dovrebbero avere due o tre interlocutori al massimo, sceglierli bene all' interno dello spogliatoio, del gruppo, poterci contare e eventualmente riferirsi sempre e comunque a loro quando c'è qualcosa che non va.
- Te hai ambizione di diventare dirigente o allenatrice ?
- Sì, ...be'.. per certe spigolature del mio carattere non mi vedo tanto come tecnico, mi vedo di più in un discorso dirigenziale perchè abbraccia di più un certo tipo di situazione. E poi mi piace molto il confronto con le altre persone, che vada al di là dell' aspetto strettamente tecnico ma che abbracci l' aspetto umano.
- Sono sempre troppo poche le ex-calciatrici che rimangono nel giro come allenatrici e ancora di meno come dirigenti....
- Il problema grosso è che poi ti trovi a scontrarti con una realtà che ti spinge a lasciar perdere. Arrivi ad un'età in cui è difficile trovare qualcosa che ti permetta di andare avanti, anzi, di vivere. A meno che tu non te lo possa permettere, ma anche qui ci vuole una gran passione, una gran voglia e riuscire a trasmettere quello che hai imparato, magari condendolo di  quegli aspetti in più che puoi apprendere dagli altri. Non è negativo guardare gli altri, saper prendere il meglio da loro: è un atto di umiltà che ti può portare ad una crescita. Ma qui non si cresce, si rimane stazionari. Fra l' altro ho sentito che l' America sta interessando diverse calciatrici che hanno l' età e l' opportunità per provarci. Il brutto è che così si impoverirà di più il nostro campionato, in cui già emergono poche giovani.
- Visto che ti vedi come dirigente, immaginiamo che tu rivesta la massima carica della FIGC. Qual è la prima cosa che faresti ?
- Bisogna partire dalla base, ce ne sarebbero tante di cose da fare......
- A proposito di base, sembra che l' anno prossimo il SGS darà molti incentivi alle squadre maschili per aprire settori femminili. Questo potrebbe addirittura mettere in difficoltà le società solo femminili, che si troverebbero di fronte una concorrenza ben organizzata.....
- Ma sai....sapendo che i maschietti ci sono sempre stati (più che a me si rivolge al secondo cuginetto che prende in braccio, dopo aver lasciato il primo, ndr), non sarebbe questo un grosso problema. Io dico che bisogna lavorare alla base, nel senso che bisogna cambiare la cultura. Questi slogan tipo "il calcio è anche donna" danno l' idea di quanto siamo proprio un altro sport.
- Le polemiche di questi giorni sembravano sopite, e invece ora arriva questo servizio sul Guerin Sportivo intitolato "Mai dire Gay". Queste cose ti fanno male oppure non ti toccano ?
- Senti, io non so cosa sia successo nelle Marche. Io posso dire questo: se veramente vengono rivolte a minori delle attenzioni sbagliate o se delle minorenni vengono mal indirizzate, allora questa è una situazione che non mi piace assolutamente e che non piace a nessuno. Non sono una moralista ma questo non va assolutamente bene, e non solo nello spogliatoio ma nella vita in generale. Io ho girato molti spogliatoi e mai mi è capitato qualcosa del genere, mai a certi livelli. Quindi, ammesso che la storia sia vera, la voglio pensare come un fenomeno a sè stante. Insomma, vedere sempre il calcio femminile etichettato in una certa maniera è avvilente, e anche ingiusto. Perchè poi, vai a chiedere alla gente cosa sa del calcio femminile, probabilmente sanno solo questa cosa qua, chiedi se sanno chi sta ai primi tre posti della classifica della serie A, chi lo sa ?
- Probabilmente la classifica non la conoscono neanche quelli che scrivono certi articoli.....
- Ci vorrebbe più attenzione da parte della stampa, perchè così si colpisce indiscriminatamente tutto un movimento e non è giusto, perchè poi ognuno ha la propria vita e la propria dignità. E invece ti mettono un marchio addosso così a casaccio. Basta, stiamo attenti, anche perchè non credo che ce ne siano di più (di omosessuali, ndr) che in qualsiasi altro sport, maschile o femminile che sia.
- Torniamo a questioni più sportive: parliamo di questa strana stagione del Pisa che a vedere la classifica è indubbiamente positiva, eppure è rimasto qualche rammarico, forse più per la Coppa che per il campionato.... ci sono state delle sconfitte impreviste...
- Sì, avevamo creato delle aspettative. In effetti l' obiettivo era fare un buon campionato, tornare ad essere una società credibile.... Come pisana, a trent'anni, provare a vincere qualcosa nella mia città mi piacerebbe molto, magari costruendo la squadra nella zona. Io già all' inizio avevo la sensazione che avremmo interpretato bene il campionato, certe cose le vedi già ai primi allenamenti. La difficoltà e il limite più grosso è giocare in 12-13 effettivi, senza nulla togliere alle nostre ragazzine, ma le responsabilità se le devono prendere quelle che hanno più esperienza. Nelle ultime settimane abbiamo fatto un campionato mediocre ma nella globalità è una stagione positiva. Abbiamo fatto bene all' inizio poi alla stanchezza si è sommato qualche cedimento atletico e anche sul piano mentale.
Il rammarico grosso di oggi (Pisa-Agliana 1-2, ndr) è che noi abbiamo sbagliato i primi 20 minuti, malgrado io avessi predicato tutta la settimana di non sbagliare l' approccio, perchè conosco bene l' Agliana. Per il resto la partita l' abbiamo fatta noi. Se non si sbagliava l' approccio alla gara......