Katia assiste alla partita in piedi: rimproveri, indicazioni, incitamenti,
complimenti, applausi. Non fa mancare nulla alle sue giocatrici. Per questo
è tra le prime a sentire il bisogno di dissetarsi. Negli spogliatoi,
davanti alla lavagna, aveva tirato fuori tutto il calore dell’insegnante
premurosa ma esigente. Aveva insistito molto sui movimenti elementari,
sulle sovrapposizioni e su come scalare in difesa. Quando Manu, incontenibile
sulla fascia sinistra, ha messo al centro per il gol di Valpo, Katia ha
avuto uno scatto di soddisfazione e ha suggerito: Magna, Magna, non seguire
l’avversaria, controlla la tua zona. E ancora: Crive, più convinzione!
Si ha l’impressione che Katia parli per acronimi. Nomi, cognomi, soprannomi,
tutto si riduce all’essenziale: due sillabe e via. Non si mangia le parole:
riduce le sillabe inutili per ottenere una comunicazione più veloce.
La differenza tra l’avvertimento “attenta Emanuela” e l’altro “attenta
Manu” è quella che basta per impedire l’anticipo di un’avversaria.
Prima che Azzurra tirasse una punizione da venticinque metri, prendendo
la traversa e facilitando il secondo gol, Katia l’aveva incitata: vai Azu!
Prima della partita avevo organizzato una piccola combriccola clandestina
con le ragazze, chiedendo i loro giudizi sull’allenatrice. I difetti e
i pregi emersi sono quelli tipici della professione: irascibile, esige
concentrazione, comprensiva, ci dà la carica, non molla mai. Ma
la cosa più bella di Katia, mi hanno confidato con entusiasmo e
allegria le giovanissime della Foroni, è Cristian, il suo fidanzato.
Quando Denise s’invola, con falcata elegante e ferina, verso la porta
avversaria e spara sul portiere in uscita, la delusione in Katia dura una
frazione di secondo e poi le parte un applauso convinto. Quando Denise
è travolta in area da un intervento più che sospetto, è
l’allenatrice la prima ad invitare l’ala destra ad alzarsi: se l’arbitro
non l’ha visto, non è rigore. E’ sempre lei che rimprovera Agnese,
detta Catenaccio, dopo un fallo: chiedi scusa e torna in posizione.
Viene da domandarsi: l’aspetto tecnico, atletico, tattico, psicologico,
educativo, quanti compiti ci sono sulle spalle di un’allenatrice?
Dopo la partita, i commenti, i saluti e l’organizzazione della trasferta
per la domenica successiva, si torna ad Anzola. Al giornalista non resta
che salire sulla Punto dell’allenatrice. Katia guida con sicurezza e disinvoltura.
Che oltre il diploma all’ISEF abbia conseguito un attestato di guida a
Maranello? Si volta spesso verso di me durante il viaggio. Si disegnano
due piccole pieghe ai lati estremi delle sue sopracciglia, ad accompagnarne
il movimento. Le sopracciglia si arcuano e si rilassano seguendo il senso
del discorso, mentre il verde dell’iride e il nero della pupilla rimangono
inchiodati sull’interlocutore. E’ uno sguardo che cattura attenzione e
non intimorisce. Mi racconta che, durante gli allenamenti, il novanta per
cento dei movimenti vanno fatti con la palla, poiché è l’unico
modo per infondere nelle ragazze una maggiore confidenza tecnica. Mi spiega
che a migliorare l’aspetto atletico c’è sempre tempo, mentre si
è sempre in ritardo per quello tecnico.
Percorriamo l’autostrada fino a Modena sud, poi Spilamberto, Piumazzo,
Ponte Samoggia e Anzola.
“E il futuro?”, le chiedo a bruciapelo, prima di scendere dall’auto.
“L’ho progettato insieme al mio ragazzo. Altri quattro o cinque anni
in serie A, poi faccio un bimbo, sto ferma un anno e dopo provo ad allenare.”
Katia è una donna dalle idee molto chiare.