L’ALTRA FACCIA DELLA CRISI: I TIFOSI

Dialoghi sul rapporto tra tifosi e calcio femminile.. e non solo.

“Secondo me, questo suo pensare,
non assomiglia a nient’altro che a un dialogare, ponendo a se stessa
domande e traendo da sé le risposte, affermando e negando.”
(Platone)
Tutto iniziò con una critica a un mio articolo pubblicato qui su calciodonne.net. Paolo, seccato, mi mandò un sms con su scritto ‘Chiara, ma come ti permetti di paragonare il Foroni alla Juve?!’
Si riferiva all’intervista modello Iene che rilasciai a Fabio e Emanuele, i tifosi più rappresentativi di Bardolino e Lazio. Fu lì che mi venne l’idea di concedere un’altra intervista nel nome della par condicio a un tifoso del Foroni Verona, che poteva replicare alle dichiarazioni delle due tifoserie gemellate proprio per rivalità nei confronti dello stesso Foroni.
Partii con l’idea di una intervista-replica, mi sono ritrovata con qualcosa di molto più interessante: una specie di dialogo di platonica memoria, un dialogo nato anche grazie all’amicizia che lega la sottoscritta a Paolo, come me grande tifoso di calcio e collaboratore presso questo sito.

Chiara: Paolo, tu hai un passato di tutto rispetto come tifoso dell'Hellas Verona e sei stato esponente per molti anni delle Brigate gialloblù. Oggi segui il calcio femminile, o meglio segui il Foroni Verona, che differenze principali trovi tra i due mondi? Può il Foroni, affettivamente e emotivamente, rappresentare quello che l'Hellas ha rappresentato e rappresenta ancora oggi per te?

Paolo: Sono due cose totalmente diverse, due mondi che si somigliano solo apparentemente, la passione per l’Hellas è una cosa che ho dentro fin da bambino quando in curva sud mi ci portava mio Padre, ci sono rimasto vent’anni dividendo gioie e delusioni, con un’infinità di amici con i quali non ci si limitava ad incontrarsi solo la domenica ma stando insieme anche durante la settimana, seguire il Foroni è una passione dettata da interessi affettivi diversi, se vuoi la differenza tra i due mondi è proprio questa, nel maschile mi sento attaccato ai colori e alla maglia, nel femminile al nome che c’è scritto dietro. Una cosa non può sostituire l’altra.

Chiara: Hai letto l'intervista modello iene alle tifoserie di Lazio e Bardolino? Si tratta di due nemiche storiche del Foroni e presumo che tu non abbia gradito molto alcune loro osservazioni nonchè il mio paragone Foroni=Juventus.
Però non si può negare che il Foroni, pigliatutto degli ultimi 2-3 anni assomigli molto al club di Del Piero & c.
Ma la domanda che ti pongo è questa: è giusto che il calcio femminile 'imiti' il maschile nei suoi aspetti bonari legati allo sfottò del tifo e alla creazione di un nemico e ai gemellaggi legati spesso al comune odio per una determinata squadra, ecc.?

Paolo: Hai detto giusto, l’unica cosa che mi è piaciuta poco è proprio il paragone Foroni=Juventus se non altro perché non mi pare che i successi biancoverdi siano stati frutto di particolari favoritismi bensì di una programmazione che ha portato ad un ciclo in continua ascesa dalla serie B fino allo scudetto, te lo propongo io il paragone giusto, il Verona di Osvaldo Bagnoli.
Il resto ci stà, credo che ognuno sia libero di manifestare le proprie opinioni anche di antipatia nei confronti di questa o quella squadra, gli sfottò e le rivalità sono lecite anche perchè abbelliscono le sfide, se è vero che una sconfitta contro una squadra “nemica” è particolarmente amara è altrettanto vero che una vittoria ha un sapore del tutto particolare, non rinuncerei all’amarezza del dopo spareggio scudetto se questo significasse dover rinunciare anche alle soddisfazioni che mi hanno regalato proprio le sfide venute dopo sempre contro la Lazio.
Semmai può essere seccante quando gli sfottò degenerano in insulti verso le ragazze, quello è fastidioso perché si tratta di ragazze animate da una sola grande passione, gente che percepisce compensi ridicoli se paragonati allo sforzo e al sacrificio che fanno, molte di loro hanno un lavoro e devono fare i salti mortali per conciliare la professione con il calcio, colpire loro significa colpire noi stessi che dovremmo invece solo ringraziarle per lo spettacolo che ci offrono.

Chiara: Parliamo della tua storia: come ti sei avvicinato al calcio femminile, tu che per molti anni hai seguito il maschile?

Paolo: Lo devo a mia figlia Emanuela, è cresciuta in un ambiente dove era impossibile non respirare calcio, casa mia era quotidianamente invasa dagli amici che come me seguivano l’Hellas in casa e in trasferta, io per di più, sempre con loro giocavo a calcio negli amatori, Manu si era affezionata ad ognuno di loro ed iniziò presto a condividere le loro e le mie passioni, mia moglie non era molto propensa all’idea che giocasse a calcio ma un bel giorno, all’età di 7 anni Manu di sua spontanea iniziativa si recò al campo con un compagno di scuola a sostenere un allenamento, tornò a casa e ci disse “oggi mi sono iscritta a calcio”, iniziai ovviamente a seguirla, quando fece il salto nel femminile ed iniziò a giocare la domenica la scelta tra lei e l’Hellas fu scontata.

Chiara: Ti rifaccio la domanda che ho già fatto a Fabio e Emanuele: credi che nel calcio femminile manchi la cultura del tifo? E secondo te quale è il modo migliore per coinvolgere pubblico e mass media?

Paolo: E’ un cane che si morde la coda, il pubblico non si appassiona al calcio femminile perché i media lo ignorano e la gente nemmeno si accorge che esistiamo, i media lo ignorano perché la gente non lo segue e quindi non fa “audience”, la prima mossa tocca a noi, è necessario che proprio tifosi e appassionati facciano quadrato, che diffondano la conoscenza del femminile parlandone con la gente, che coinvolgano più persone possibili, di solito quando riesco a portare qualcuno a vedere una partita di calcio femminile ritornano sempre o quantomeno iniziano ad interessarsi, il tifo manca proprio più per quantità e tipologia di pubblico che non per lo spettacolo offerto.

Chiara: Sono momenti difficili per il calcio maschile, tra doping amministrativo e problemi economici quasi irrisolvibili, ma anche il calcio femminile non naviga in buone acque. Come pensi che vivano le calciatrici questa situazione di caos? Colpa delle società che promettono e non mantengono o colpa delle giocatrici che pretendono troppo? Io credo che la situazione nel femminile sia profondamente diversa rispetto ai colleghi maschi: troppo facile accusare le società che nel calcio femminile non troveranno mai la possibilità di guadagnarci qualcosa, bisogna essere realisti: è molto difficile che il calcio femminile diventi un giorno uno sport professionista. E' dura ammetterlo ma, almeno in Italia, non vedo futuro in questo sport. Sei d'accordo e quale è la tua opinione riguardo a quello che ti dico?

Paolo: Non è una questione di colpe di uno o dell’altro, le società fanno del loro meglio per rimanere in piedi, le calciatrici non mi pare proprio pretendano troppo. Il passaggio al professionismo lo vedo anch’io improbabile, mi accontenterei di un dilettantismo con maggiori e migliori risorse, ma ribadisco che l’unica strada è la maggior diffusione e visibilità.

Chiara: Per fortuna c'è chi dal punto di vista dei risultati rende vivo questo sport: la Nazionale di Carolina. Ma come possono le azzurre vivere una situazione precaria con i loro club per poi essere seguite in modo impeccabile e professionale dallo staff azzurro? Non credi che il gap negativo e ancora notevole con le altre nazionali sia legato dalla mancanza di un campionato d'alto livello in Italia?

Paolo: Certamente la possibilità di seguire una più attenta preparazione favorirebbe notevolmente la crescita del livello del campionato, sono d’accordo con te che appare sicuramente evidente alle ragazze la differenza di attenzione con la quale vengono seguite in nazionale rispetto a quanto possono fare i club. Come detto prima migliori e maggiori risorse annullerebbero facilmente questo gap, del resto se c’è una cosa che in Italia non manca è proprio la cultura calcistica, si tratta di poterne usufruire un po’ anche al femminile.

Chiara: Ti racconto una cosa che mi ha colpito e mi ha coinvolto personalmente. Io come te ho seguito e seguo in modo appassionato il maschile e questo ha fatto sì che vedessi il calcio in modo assolutamente imparziale e in funzione esclusivamente dei risultati della mia squadra del cuore. Da quando seguo il calcio femminile sono tornata ad apprezzare questo sport nei suoi aspetti tecnici e sportivi, rendendomi in qualche modo più oggettiva e neutrale e meno soggettiva come accade invece osservando i 'maschi'. Anche a te è successa la stessa cosa?

Paolo: Assolutamente sì, proprio per quanto già detto in risposta alla prima domanda  avendo più possibilità di contatto diretto con le giocatrici il tifoso del femminile finisce per affezionarsi anche alla persona oltre che alla maglia e così ti trovi a seguire ed apprezzare anche le imprese di altre squadre dove ci gioca qualche tua conoscenza, ma in generale non riesco a godere delle altrui disgrazie come invece mi capita se una delle squadre del maschile che mi è particolarmente “indigesta” incappa per esempio in una sconfitta in finale di champions league, la “gufata” al maschile mi giunge spontanea, contro le donne non mi riesce proprio.

Chiara: Sei stato autore di un bello scritto dedicato alle promesse del Foroni e in particolare della storica partita contro il 'mio' Bergamo. Una piacevole giornata di sport, che a mio avviso non è stata frutto del caso, perchè da sempre ritengo che nella vita nulla è casuale. Ma dimmi: sei d'accordo con l'affermazione che il calcio è metafora di vita?

Paolo:  Come non potrei? Nel calcio come nella vita, per andare avanti, contano senza dubbio le doti naturali ma soprattutto l’impegno, la costanza, la perseveranza nel tentare di raggiungere gli obiettivi, le ragazze di cui ho scritto forse non hanno più doti naturali di tante altre ma non è certo per volere del caso se quel giorno si sono trovate lì, mi sembrava opportuno riconoscerglielo proprio in virtù degli sforzi che hanno sostenuto per esserci, ricordo una frase di Rino Tommasi: “il fenomeno te lo manda Dio, il bravo giocatore si può costruire” aggiungerei che entrambi però hanno bisogno di tanta applicazione, non è forse così anche nella vita reale? Poi c’è il gioco di squadra, quel qualcosa che insegna a remare in gruppo nella stessa direzione per il bene collettivo. Un pizzico di fortuna ci vuole ma anche quella va aiutata, se non gioco al superenalotto non mi posso lamentare di non aver mai azzeccato il “sei”.

Chiara: Paolo, mi hai fatto venire in mente una bella frase di Jorge Valdano, ex calciatore argentino ora direttore sportivo del Real Madrid: "Alcuni giocatori nascono sapendo già tutto. Esiste solo un'altra possibilità di diventare un giocatore importante: ottenere un'alleanza tra l'intelligenza e la volontà (...) Una natura improvvida si nasconde con l'intelligenza e si piega con la volontà”. Si riferiva a un grande campione che io ho avuto la fortuna di vedere molte volte dal vivo: Batistuta. Molte ragazze, per grinta e determinazione mi ricordano lui, perché ogni gol che Batistuta segnava andava inteso come lezione di vita. E’ la stessa cosa che ci trasmettono le calciatrici: sempre sole contro tutto e tutti, nel nome del coraggio e della passione.
A proposito sempre riguardo a quella giornata, a quell'11 gennaio 2004, hai potuto notare una nuova realtà emergente: la tifoseria del Bergamo che a forza di striscioni, bandiere, campanacci cerca di 'farsi sentire'. E' ancora valida la tua proposta di un gemellaggio tra le tifoserie di Foroni e Bergamo?

Paolo: E’ stata una piacevolissima scoperta, il popolo del Bergamo femminile non lo avevo mai incontrato ma mi sono risultati subito simpaticamente chiassosi, un tifo civile e corretto sicuramente apprezzato dalle ragazze (mah.. qui non ci giurerei..n.d.r). Gemellaggio? Non posso solo perché io non rappresento la tifoseria del Foroni, i tifosi del Foroni si chiamano “Irriducibili” per me, cresciuto nel maschile, è un nome da Laziali non posso farne parte, mi sembra un furto. Io sono solo Paolo ma se a loro basta facciamolo pure tra me e loro, d’altro canto le tifoserie maschili che ho sempre rispettato di più sono proprio quelle che non si fanno forti del numero ma della tenacia, cito ad esempio (oltre ovviamente all’Hellas) Atalanta, Genoa, Brescia, (ehi la magica Viola no? N.d.r) se tifi per una di queste, e ti devi recare a Reggio Calabria, parti dalla tua città in 50 e in curva degli ospiti sai che ci saranno solo quei 50, se tifi Juve, Milan o Inter parti sempre in 50 ma il settore ospiti sarà pieno, troppo facile. Devo riconoscere che questo nel femminile non può succedere quindi ho massimo rispetto per tutti i pochi tifosi che si sforzano di seguire la propria squadra anche in trasferta, e questi di Bergamo, a Verona, hanno fatto proprio un figurone.

Chiara: Paolo che ne dici di lasciare un messaggio di speranza o di incitamento alle ragazze?
Paolo: Ok!

Continuate a divertirvi, questo non ve lo possono togliere!

Chiara Manzoni e Paolo Muracchioli per calciodonne.net