Vigorovea, 8 dicembre 1993
Del resto avevo sempre avuto la sensazione che il Cavarzere (altrimenti
noto come Gordige, ndr) fosse una squadra diversa dalle altre: ricordo
quando, nel '93, veniste a giocare per la prima volta a Vigorovea dove
allora giocavano Lucia, Stefania ed Elvira. Io, date le mie evidenti qualità
letterarie, ero stato segnalato al Mattino per scrivere le cronache delle
partite e, dall’inizio della stagione, facevo il giornalista. Quella domenica
era però speciale, per me: in casa, contro la capolista e per giunta
con tanto di centravanti capocannoniere di cui si dice un gran bene, qualcuno
addirittura narra che sia alle soglie della nazionale!
Mi preparo ad una giornata speciale; raccolgo le mie carte, insomma,
tiro su la mia roba , ma con una certa cura. Non metto, ad esempio, il
solito cappottone caldo ma non eccezionalmente trendy che porto
durante le partite e preferisco invece mettere un più agile (a costo
di rischiare la bronchite) fay che Lucia mi ha appena comprato (con i soldi
miei, naturalmente, lei ha solo scelto). Anche al momento di mettere quadernone,
almanacco ed agenda in borsa, penso: "No, stavolta non porto il borsone
elegante ma tetro da giornalista. Porto uno zainetto. La roba ci sta molto
stretta, ma vuoi mettere?"
Insomma, l’appuntamento col Cavarzere non è come tutti gli altri.
Niente da fare. Arrivo come al solito tagliando attraverso l’affascinante
via Raggio di Sole e parcheggio la mia macchinina nel piazzale solito.
Solito? Caspita, stavolta sembra un parcheggio vero, altro che solito!
Almeno una ventina di macchine, alcune messe in modo da non permettersi
la reciproca uscita e poi tante, tante altre, specie quelle dei soliti
tifosi locali, parcheggiate malamente lungo la strada, metà nel
fosso, metà sulla carreggiata. Caspita, questi si portano dietro
anche i tifosi! Avevo proprio visto giusto; giornata speciale.
Salutando ogni singola persona che incontro nei 20 metri che portano
dal piazzale al terreno di gioco, mi dirigo verso gli spogliatoi, dove,
di solito, mi faccio dare la nostra formazione dal capitano Elvira Benettazzo
e poi cerco qualche anima pietosa della squadra avversaria che mi dia le
informazioni di cui ho bisogno. A volte trovo persone assolutamente preparate
e serie che mi forniscono copia del referto che consegneranno all’arbitro
con la preghiera di restituirlo subito; altre, purtroppo, allenatori che
vorrebbero dettare al volo la formazione, che risulta comprensibile, ovviamente,
solo per loro.
"Ah, te si’ el giornalista del Mattino, vero? Va be’, te dago mi ea
formazion! Allora, metti Favaron in porta, poi… Degan, Patresso, ea Jessica…"
"Scusi, ma il cognome di questa Jessica?"
"Ah, no meo ricordo miga!"
"Ma io non posso scrivere i nomi di battesimo nell’articolo!"
Talvolta va anche peggio. Una volta ricevetti un referto scritto a
mano, dopo l’incontro, assolutamente illeggibile e, non potendo più’
ricontattarli, dovetti scrivere il tabellino senza la formazione ospite.
Pensare che poi alcuni allenatori mi telefonavano dicendo che trascuravo
la loro squadra a discapito delle ragazze nostre! Dio mio!
Niente bisogno di anime pietose, stavolta. Arriva una ragazza non giovanissima,
presumibilmente un dirigente, ma vestita in impeccabile tuta atletica che
con un’elegantissima stretta di mano, mi dice:
"Mi han detto che tu sei il giornalista del Mattino, vero? Questa è
la nostra formazione. Se alla fine hai bisogno di qualche dichiarazione,
ci troviamo qua."
Io in effetti, quella domenica avrei proprio avuto bisogno di una dichiarazione.
Il Cavarzere, infatti, schierava Laura Barbierato, classe '78, centravanti,
capocannoniere della squadra e del campionato. Pare sia fortissima: tira,
scatta, corre, dribbla, è giovanissima e pare sia prossima alla
convocazione in nazionale. Il mio desiderio di fare articoli sempre più
qualificati,
mi aveva portato a chiedere al mio direttore di fare lo scoop: un'intervista
ad una ragazza!
Io amavo mettere sempre qualche dichiarazione in mezzo ai miei articoli,
chiedevo un parere a qualche giocatore fuori dagli spogliatoi, provocavo
qualche battuta sulla partita e la sera, riassumendo tutto quello che nel
frattempo avevano detto le ragazze del Vigorovea, dettavo l’articolo alla
redazione. Ma un’intervista vera e propria non l’avevo mai fatta. Intendo
un’intervista con una decina di domande-risposte e con un obiettivo preciso.
Stavolta avevo quindi il pretesto:il capocannoniere.
La serietà della squadra però mi stava innervosendo;
come mi accade sempre: se mi rubano la scena, reagisco con un abbassamento
di energia ed una voglia di rinunciare. Mi sembrava, insomma, di non avere
piu’ in mano il pallino, di rischiare di fare una brutta figura, di risultare
inadeguato o di trovare una persona preparatissima abituata ad affrontare
decine di interviste. Va bene, intanto vediamo la partita.
Son proprio forti, accidenti! Noi pero` abbiamo Soggia: dieci minuti
ed uno è dentro. Scrivo orgoglioso nome, minuto e commentino e dò
un'occhiata noncurante verso la panchina avversaria; strano, sono sinistramente
composti e fiduciosi.
Che classe. Passano tre minuti. Una delle ragazze rosse (quasi tutte
carine, tra l’altro), prende una palla a centrocampo e la lancia, non con
estrema grazia ma con enorme efficacia in avanti. La palla la aggancia
... lei, Laura Barbierato. Dai, vediamo 'sto mostro. Fa un passo lento
per aggiustarsi la palla, poi parte con una falcata che non avevo mai visto
prima: si avvicina al limite dell’area destra, fa un passo velocissimo
verso il centro mentre la nostra Sgaravatto si trova col sedere per terra
e giusto quando la palla è sulla linea dell’area, si inarca in un
tiro rasoterra preciso ma soprattutto fortissimo sul quale Susy, poverina,
non riesce neanche ad abbozzare un accenno di parata. Incredibile! Poi
segna ancor Soggia e si va al riposo in vantaggio, pero’ 'sta Laura mi
ha proprio impressionato.
Mi avvicino all’imbocco dello spogliatoio per sentire le dichiarazioni
dell’intervallo, ma le ragazze sgattaiolano dentro alla spicciolata e così
non riesco neanche a vederle in faccia. Posso solo confermare a me stesso
che ve ne sono di belle (ma questo non andrà sull’articolo) e poi
scambio un paio di opinioni con le ragazze della mia squadra. Lucia è
ancora infortunata, ma, come al solito, non ha voluto mancare di dare il
suo apporto ed è negli spogliatoi con le ragazze. Nessuno parla,
nessuno protesta. Clima proprio da serie superiore.
Secondo tempo. Il Cavarzere non ci sta ed attacca.Dopo dieci minuti,
un’altra cavalcata di Laura Barbierato ed è pareggio. Poi ancora
belle giocate del Cavarzere e per il Vigorovea, il solito gioco nullo e
qualche iniziativa di Stefania Soggia che per poco non fa vincere noi senza
che si sia fatto nulla per meritarlo. A due minuti dalla fine, un passaggio
sbagliato della retroguardia rossa, libera Soggia che va al tiro. Angolato,
ma lento. Il portiere del Cavarzere si butta e lo prende di prima. Bravissima.
L’arbitro non concede molto recupero, forse non faremo più nessuna
azione. Meglio così, del resto. Se doveva vincere qualcuno, dovevano
vincere loro. Infatti protestano per lo scarso recupero. E’ la prima volta
che lo fanno. Allora sono umani anche loro, si arrabbiano, non va sempre
tutto liscio neanche a loro, dai!
Mi faccio più coraggio per l’intervista, anche perchè,
con la scusa delle proteste dell'allenatore, intanto avvicino lui, e poi
gli chiedo della Barbierato. Mi dirigo a passi spediti verso un uomo alto
ed aitante, ben vestito. Come si chiama? Porca miseriaccia, non mi ricordo!
"Mister!"
Si gira senza fermarsi e senza rispondermi.
"Mister, qualcosa da dichiarare? Sono il giornalista del Mattino."
"Mah, la partita è andata abbastanza bene, credo ci siamo espressi
su buoni livelli. Forse avremmo meritato qualcosa di piu’, ma in campo
ci sono anche gli altri. Mi è dispiaciuto molto per la mancata concessione
del recupero, che avrebbe potuto portarci qualche ultima occasione per
passare."
Mamma mia. Ero abituato a tradurre dichiarazioni in dialetto, illogiche,
sgrammaticate e contraddittorie. Questo da dove viene? Ha fatto il supercorso
di Coverciano?
"Grazie , mister, e... senta, il vostro cannoniere Barbierato è
stato veramente impressionante. Crede che potrà farmi qualche dichiarazione?"
Venturini, l’allenatore delle rosse, si sciolse in un sorriso: "Brava,
eh? Beh, se va verso lo spogliatoio, penso che quando esce…"
Vado verso lo spogliatoio, ma mi e’ gia’ iniziato a venire quel senso
di disagio che ho descritto prima. Non comando io. Questi sono eleganti,
preparati. E se sbaglio? Se faccio qualche domanda fuori luogo? Se mi chiedono
credenziali superiori a quelle che ho? La ragazza che mi aveva accompagnato
all’inizio fino al referto (e che poi ha anche giocato) mi porta fino all’ingresso
degli spogliatoi.
"Laura, quando hai finito, esci che c’è un giornalista che vuole
farti alcune domande", dice rivolgendosi alle ragazze che stavano finendo
di cambiarsi. Sento risatine, inviti goliardici ad uscire così come
si trovava, un altro paio di ragazze che sembrano quasi spingerla fuori.
Poi vedo lei. E’ alta, magra, volto pulitissimo da ragazzina dell’oratorio,
dimostra i 15 anni che ha, sembra un po’ Steffi Graf quando era giovane.
Non riesco ad incrociarle lo sguardo, pero’, perche’ lo tiene basso mentre
cerca di schermirsi e di liberarsi del braccio che cerca di spingerla verso
di me. La sento solo dire, quasi sottovoce:
"No, no, per carità. Che intervista dovrei mai lasciare? E poi
non so cosa dire!"
La sera, a casa mia. Dopo aver riscritto il pezzo un paio di volte,
faccio il numero del Mattino per dettarlo. Mentre lo detto, mi sembra che
suoni bene. I due interventi che ho registrato, pepati ed aggressivi, non
faranno colore come avrebbe fatto l’intervista a Barbierato, pero’ funzionano
meglio da un punto di vista giornalistico.
"Finito."
"Finito? Bene. L’intervista me la dai domani?"
"Veramente non ce l’ho, l’intervista."
"Come non ce l’hai? Non ha giocato? Ma se mi hai appena dettato anche
due gol suoi!"
"No, no, ha giocato ed ha giocato anche benissimo, ma non ce l’ho perche’...
ero andato negli spogliatoi, ma mi sembrava non volesse, sembrava..."
"Sembrava cosa? Non potevi farle dire qualcosa?"
"Ma era cosi’ intimidita, pareva avesse paura."
"Paura? Ma non sai che quando uno ha paura e’ il momento migliore per
fare le interviste? Puoi fare anche qualche domanda sopra le righe, puoi
farti dire qualcosa di compromettente, contro l’arbitro, qualcosa di cattivo
con cui fare un titolo. Ma non capisci come fanno i giornalisti in Serie
A? "
Certo che lo capivo. Quel giorno capii anche che non avrei mai fatto
il giornalista seriamente.