MERCOLEDÌ, 14 GENNAIO 2004 IL MATTINO DI PADOVA
Dagli entusiasmi degli anni ’70 a... Gaucci: un trentennio di calcio femminile
raccontato dall’ex campionessa, oggi dirigente della Reggiana
Quando all’Appiani i gol erano rosa
Betty Vignotto compie 50 anni: con lei a Padova gli storici scudetti della
Gamma 3
Domenica mattina, casello autostradale di Reggio Emilia. L’appuntamento
è alle 11.30 al primo distributore. Dalla Fiat Multipla spunta la
tuta bianco-granata della Reggiana, con sopra i capelli a caschetto e l’accento
veneto di Betty Vignotto. «Come va? Qualche acciacchetto, ma d’altronde
mercoledì (oggi, ndr) sono 50 tondi tondi, e mi tocca tenerli anche
se non vuoi...». Auguri. Anzi no: complimenti. Perchè a cinquant’anni
Elisabetta Vignotto da San Donà, classe 1954, oggi presidentessa
della Reggiana Calcio femminile, è uno splendido esemplare di sportivo.
«Sono qui a Reggio dall’88. Mi chiamò il presidente Zambelli
e mi fece una proposta che non potevo dire di no. Certo era meglio quando
stavo di là della scrivania, da giocatrice...». Già,
da giocatrice. Sul tavolo del bar, accanto a un «gingerino»,
plana subito la prima foto. Primi anni Ottanta. La Betty che vola di testa
con la maglia della Nazionale. «Quella era a Genova col Portogallo.
Tre gol, più due all’andata: tutti io...». Neanche una giornata
eccezionale: in Italia-Austria (6-0) ne fece cinque su sei. E il suo record
in azzurro, 107 gol in 109 partite, non l’ha più toccato nessuno.
Neanche la Carolina Morace. «Il mio era un record anche nel mondo,
eh. Sono stata in testa finchè non è arrivata l’americana,
Mia Hann, che mi ha superato. Mi chiamavano anche dall’America per intervistarmi...».
Seconda foto. Padova, stadio Appiani pieno, primi anni Settanta. «Ah,
la Gamma 3... Anni bellissimi. All’Appiani c’era tanta gente che veniva
a vederci. Cinque-seimila persone di media. A quei tempi si giocava d’estate,
quando era finito il campionato dei maschi. C’erano Mescalchin e Bilò,
con Mescalchin ci sentiamo ancora. L’allenatore era Manlio Crobu, un sardo
che stava a Padova da cent’anni... Mi ricordo le Babetto, padovane, erano
tre sorelle e due giocavano bene, la Bortolami, Annarosa Padovan che era
di Meolo... Era bello perchè eravamo benvolute, la città
ci voleva bene. La Valle Sport mi aveva dato un paio di scarpe che ho sempre
tenuto, anche negli anni dopo. Quanto guadagnavo? I rimborsi spesa e basta.
Il primo anno ci hanno regalato centomila lire. Io avevo i rimborsi del
treno per venire su e giù da San Donà. Eravamo 13 fratelli
e qualcuno, in casa, una mano a mia mamma doveva pur dargliela...».
Due scudetti consecutivi nel ’72 e ’73. Ma anche tre titoli di regina del
gol. Il primo dei quali, sempre nel ’72 (56 reti), continua a fare storia.
«Allora c’era poca concorrenza... Io sono rimasta alla Gamma quattro
anni. Nell’ultimo, il ’75, mi sono infortunata al menisco e ho giocato
poco. Ora dopo un menisco cammini subito... Io comunque a Padova ci sono
tornata ancora nel ’77, c’era presidente Forcato che ingaggiò la
Miss Italia di allora. Solo che la squadra non si chiamava più Gamma
ma solo Padova». Una carriera da 467 gol in 461 partite. «Sono
rimasta in serie A vent’anni secchi. Cominciai a Milano, al Gomma Gomma.
Avevo 16 anni e giocavo per strada con i maschietti. Mi ci portò
nel ’70 Bedin, quello dell’Inter di Herrera, che era anche lui di San Donà.
Ne parlò con in dirigenti, vennero a vedermi e mi portarono a Milano».
Per forza la tuta. La vita di Betty Vignotto è una vita tutta di
corsa. «Nel pomeriggio ho la partita delle ragazze, le più
piccoline. Durante la settimana lavoro come impiegata in una ditta di forni
per ceramiche appena fuori Reggio, la sera c’ho gli allenamenti, il sabato
e la domenica le partite. Quando ho smesso nel ’90 ho fatto anche il direttore
sportivo. L’allenatore no: ho preso il patentino a Coverciano ma non mi
piace. Morto Zambelli, la società mi è rimasta sulla schiena.
Lì capisci i problemi. Tornerei indietro di corsa, altro che no.
Soldi non ce ne sono e bisogna cercarli. Il sindaco di Reggio è
una donna, si è interessata, ci ha promesso un contributo di 100
milioni, ma sa: finchè non li vedo, non ci credo». Giocatrice,
campionessa, dirigente. Trent’anni e passa nel calcio rosa da protagonista.
Incazzata, anche. «Adesso, se guardo nel mondo, posso dire che il
calcio femminile è evoluto. In Italia invece siamo rimasti negli
anni Settanta, anzi peggio, perchè almeno lì la gente ci
seguiva... Il male è il calcio maschile, c’è poco spazio
per gli altri. L’unico che potrebbe dare un imput è il governo».
Non Gaucci che vuol schierare una donna nel suo Perugia? Non l’avessimo
mai detto. «Gaucci è il tipico... Come l’anno di Carolina:
è uno scoop e basta per muovere i mass media. Non fa bene al movimento,
queste sono solo menate».